Autobiography                                                               ENG

Singing has always been important in my life, but not opera.

What belonged to me since I was a child was singing mountain songs with my family.
And then around the age of 14 singing pop/folk songs with my guitar.
And then polyphonic songs by authors such as Monteverdi, and gospel songs in my first polyphonic choir.
And from there move on to jazz, learning standards and improvisational technique.
And to see how improvisation was common to Renaissance and Baroque singing.
And then the decisive step: deciding when a hobby, although important, becomes one life's work.
And so I looked for the right teacher, the right school.
And since I didn't like opera, I did attend early music courses.
And I became good enough to be presented as an example of the possibility of using at least four different singing techniques.
I was very passionate about the physiology of singing: what does it mean to support a sound, what does the larynx do, how does the voice work? I began to create a wealth of knowledge that allowed me to start teaching, and create enthusiasm around me.

And in the meantime -surprise!- the voice began to mature, and to take on a life of its own. And I, as the poet Montale would say, followed "my fleeing voice".
To teach in the school you need a diploma, and I entered the Conservatory.
In the Conservatory they also teach the operatic repertoire, and so I began to look for my repertoire. This is one of the most difficult things for a student and for a teacher.
In many cases, until the voice is "formed" we go by trial and error.
The voice flees, it does not fit into a mould. I chose the repertoire that I felt was congenial because I could tackle it without getting tired and the voice sounded good.

I started doing competitions to work in professional choirs and I won two.
And I was preparing to become a soloist.
And I did competitions, and I won some (and lost as many).
At the right time I broke away from the chorus to become a freelancer. As a mezzo-soprano.

"What kind of voice do you have?", everybody asks a singer. At first I didn't know. For polyphonic music and in professional choirs I have been alto and mezzo-soprano. As a singer of Renaissance and Baroque music also soprano parts.

A mezzo-soprano ranges from contralto parts to soprano parts, after all the words themselves say so.
But then the voice, which also developed in power, sounded good as a dramatic soprano.
Now I had high notes, my throat open and the sounds supported. I followed my voice till there.
But it is difficult to sustain a repertoire created in just a few years when you have done something different all your life. So I went back to where I started.

All this experience teaches me a lot, because it has allowed me to develop a kind of X-ray that allows me to glimpse how the voice of the person in front of me works, and help find a system to overcome the problems that are encountered.

There are no magic wands in singing. We singers must develop the ability to listen, because it is the ear that guides us.
And remain receptive, open, even available for change. The problems we face are not always the same; the solved problems give way to new ones, until light is shed on all aspects, as in a puzzle. 

Autobiografia:                                                               ITA
"Alla ricerca della voce che fugge"
                                                                       cit. di Eugenio Montale da: "La poesia non esiste"

Il canto e' sempre stato importante nella mia vita, ma non l'opera.
Ciò che mi apparteneva sin da piccola era cantare canti di montagna con la mia famiglia.
E poi intorno ai 14 anni cantare canzoni pop/folk con la mia chitarra.
E poi canti polifonici di autori come Monteverdi, e canti gospel nel mio primo coro polifonico.
E da lì passare al jazz imparando standards e la tecnica improvvisativa.
E vedere come l'improvvisazione era comune al canto rinascimentale e barocco.
E poi il passo decisivo: decidere quando un hobby pur importante diventa il lavoro della propria vita.
E allora si cerca il maestro giusto, la scuola giusta.
E siccome a me l'opera non piaceva, volli frequentare i corsi di musica antica.
E divenni brava abbastanza da essere presentata come esempio della possibilità di usare almeno quattro tecniche di canto diverse. Mi appassionò molto la fisiologia del canto: cosa significa appoggiare un suono, cosa fa la laringe, come funziona la voce? Cominciai a crearmi un bagaglio di conoscenza che mi permise di incominciare ad insegnare, e creare entusiasmo intorno.

E nel frattempo -sorpresa!- la voce cominciò a maturare, ed a prendere una vita sua propria. Ed io, come direbbe il poeta Montale, seguii "la mia voce che fugge".
Per insegnare nella scuola serve un diploma, ed entrai in Conservatorio.
In Conservatorio si canta anche il repertorio operistico, e quindi incominciai a cercare il mio repertorio. Questa e' una delle cose più difficili per uno studente e per un insegnante. In molti casi, sino a che la voce non e' "formata" si va per tentativi.
La voce fugge, non rientra in uno stampo. Scelsi il repertorio che sentivo congeniale perché potevo affrontarlo senza stancarmi e la voce suonava bene.

Cominciai a fare concorsi per lavorare in cori professionali e ne vinsi due.
E mi preparavo per diventare solista.
E feci concorsi, e ne vinsi alcuni (e ne persi altrettanti).
Al momento giusto mi staccai dal coro per diventare libera professionista. Come mezzosoprano.

"Che tipo di voce hai?", si chiede ad un cantante.
All'inizio non lo sapevo. Per la musica polifonica e nei cori professionisti sono stata contralto e mezzosoprano. Come cantante di musica rinascimentale e barocca anche parti di soprano.
Un mezzosoprano spazia da parti di contralto a parti di soprano, del resto lo dice la parole stessa.
Ma poi ecco che la voce sviluppatasi anche in potenza suonava bene come soprano drammatico.
Ora avevo le note acute, la gola aperta ed i suoni appoggiati. Ho seguito la mia voce sino a lì.
Ma e' difficile sostenere un repertorio creato in soli pochi anni quando per tutta la vita si e' fatto qualcosa di diverso. Così sono tornata laddove ero partita.

Tutta questa esperienza mi insegna moltissimo, perché mi ha permesso di sviluppare una specie di raggi X che mi permette di intravvedere come la voce di chi mi sta di fronte funziona ed aiutare a trovare un sistema per superare i problema che si incontrano.

Non ci sono bacchette magiche nel canto. Noi cantanti dobbiamo sviluppare la capacità di ascolto, poiché e' l'orecchio che ci guida. E rimanere ricettivi, aperti, anche disponibili al cambio.

I problemi che affrontiamo non sono sempre gli stessi; i problemi risolti lasciano spazio ad altri nuovi, sino a che si fa luce su tutti gli aspetti, come in un puzzle.